Un trasloco in sobrietà

È bastato giusto il tempo che l’aereo lasciasse terra per cominciare a disidratarmi in un pianto disperato. Non so come mai: forse vedere i laghi allontanarsi, le casette tutte ordinate che si facevano sempre più piccole o, forse perché, tra tutte le canzoni della mia playlist, iTunes ha deciso di propormi proprio “And I love her” dei Beatles, ricordandomi quanto io ami Berlino; la amo dal giorno uno e, sentire il testo di quella canzone, pur nella banalità delle sue rime da terza elementare, mi ha fatto ripercorrere mentalmente i bei momenti passati in questa meravigliosa città. A volte, anche nell’amore più sfrenato, bisogna prendere decisioni importanti: io ho deciso di separarmi da Berlino, che negli ultimi 5 anni mi ha dato e chiesto tanto. Era semplicemente giunto il momento di salutarsi. E mentre ettolitri di lacrime sgorgavano senza fine, giusto per rincarare la dose di patetismo, mi sono messa a sfogliare tutte le foto scattate in Germania dal 2015 a oggi. Ho passato metà volo con il collo girato verso il finestrino per cercare di non far notare lo stato pietoso in cui versava la mia persona in quel momento. Ne ho ricavato un leggero torcicollo, ma almeno ho salvato la dignità.
Ma basta dilagare
Per affrontare il rientro in Italia dopo cinque anni in Germania, ho voluto pianificare tutto con estrema puntualità e precisione, un po’ perché da brava Vergine maniaca necessito di avere sempre tutto sotto controllo, un po’ perché nessuno può sottrarsi alla morsa del perfezionismo tedesco. Nessuno tranne G., naturalmente. Ho cominciato a fare pacchi a metà novembre, come stabilito con me stessa, ma per lui era solo una questione di “ma proprio stasera?”. E così, mentre io disponevo le prime basi del trasloco, lui ha disposto se stesso sul divano, elargendo qua e là “consigli” utili sul come ottimizzare al meglio l’incastro di vestiti e oggetti nei pacchi.
Zu verschenken
Il modo più semplice per sbarazzarsi di ciò che non si vuole più a Berlino? Raccoglierlo in buste o scatole, allegare foglietto con su scritto “ZU VERSCHENKEN“ e mettere tutto per strada. Così, non importa che stiate dando via tazze macchiate, vasi sbeccati, tende sporche di vernice o contenitori di plastica di quarta mano che non si sgrassano nemmeno con l’acqua di un geyser; se siete a Berlino, meglio ancora se a Est, sparirà comunque tutto nel giro di poche ore. Essendo a un piano terra poi, abbiamo potuto studiare da vicino questo fenomeno sociologico dei “ravanatori” di roba buttata per strada. Non ci sono limiti di età né particolari condizioni socio-economiche a caratterizzare questo folto gruppo sociale. Una bella scatola di cianfrusaglie a Berlino attira più della forza di gravità. Abbiamo messo “in regalo” veramente l’impossibile e, puntualmente, è sparito tutto. Il che dimostra non solo che avevamo la casa piena di stronzate inutili, ma anche che a Berlino non si butta via niente, il che se ci si pensa un attimo, è fantastico. Greta approverebbe.
Relazioni al limite
La forza di una coppia si vede nel momento del trasloco. Se si supera indenni questo periodo, non c’è crisi che possa distruggere una relazione. Io e G. l’abbiamo presa tutto sommato bene, limitandoci a sostituire normali dialoghi della quotidianità con urla al di sopra del limite acustico consentito dalle regole di condominio e augurandoci vicendevolmente di mantenere integro l’equilibrio intestinale giornaliero (anche più volte al giorno), cosa che comunque funzionava nel concreto solo con lui.
Goethe no!
Decidere di fare un trasloco nel mese di dicembre non è sinonimo di un buon quoziente intellettivo. Lo so. Piuttosto che fare tutto in mezzo alle feste, sarebbe stato più agevole organizzare il trasferimento a piedi; ma per una questione di conguagli e altre seccature, abbiamo ritenuto opportuno disdire il contratto di casa all’anno completo, Natale o non Natale. E siccome è impossibile quantificare in anticipo la marea di cose inutili accumulate nel corso di 5 anni, va da sé che non si può stimare il tempo che ci vorrà per impacchettare il tutto (G. è un praticante convinto del “zu verschenken” di cui sopra, ma anziché sbarazzarsi delle cose lui le raccatta).
Mi sono ritrovata tre file della libreria occupate da libri in francese, altre due da libri in tedesco, per non parlare delle vecchie edizioni scolastiche con la scritta in caratteri gotici. Letture utilissime, se qualcuno le avesse mai fatte. E più passava il tempo, più comparivano misteriosamente sulle mensole opere di Racine, della Yourcenare, di Goethe, addirittura! Quel preso male di Goethe. Non l’ho mai tollerato in italiano, figurarsi in tedesco. Comunque, nonostante gli intoppi e il sovraccarico culturale, i pacchi erano pronti per la spedizione prima di Natale.
Il corriere
E ora arriviamo alla ciliegina sulla torta: le tanto decantate Poste Tedesche. “Noi siamo precisi, noi siamo puntuali, noi siamo tedeschi, bla bla bla”. Cazzate. Nonostante il prezzo superiore a quello dei concorrenti, DHL, prolungamento naturale di Deutsche Post, fa le burle ai clienti e non si presenta agli appuntamenti prenotati sul sito. A nulla sono valse le mille chiamate al disservizio clienti, a nulla le volgarità imparate in tedesco negli ultimi anni (se non per una piccola soddisfazione personale). Quelli comunque non si sono palesati.
Dopo urla e pianti isterici, ormai consapevoli di dover attuare il piano B (che vi risparmio) ecco che G., appena uscito dalla doccia, vede il furgoncino di DHL parcheggiato davanti al nostro palazzo, con di fianco il corriere che abbiamo bistrattato a più riprese (voleva sempre sbolognarci i pacchi di tutto il palazzo solo perché eravamo i due pirla del piano terra e noi puntualmente ce ne uscivamo con la storia del “domani partiamo per l’Italia“). G. mi guarda con il terrore negli occhi, l’asciugamano ancora avvolto: “coooorriiiiii“. E io ho corso, ho corso con le mie pantofole a forma di cagnolino, senza giubbotto, un freddo da sentirsi male, sentivo le pietroline anti-ghiaccio sparse sul marciapiede ficcarsi nelle piante dei piedi, ma in quel momento c’era solo lui, il “Bote” che, leggermente sconvolto, non so se per la corsa da Gabibbo o per i cagnolini ai piedi, mi comunica di non avere ritiri previsti per la giornata.
Corruzione
Fortuna esistono le mazzette e gli sguardi della pietà. Io come sempre ho giocato la carta del “domani partiamo in Italia e stavolta è vero cazzooh”, G. un attimino più pratico di me, gli ha messo 20 euro in mano. Il corriere era così felice, visto che probabilmente ha guadagnato più con noi che non con quegli infami delle Poste, che si è portato via i 7 pacchi, di cui uno lungo 120 cm e largo 60, il peso non è mai pervenuto ma so che era “eccedente” rispetto al consentito. È vero che sul furgone se li è caricati G. mentre lui fingeva di fare calcoli quantistici con il pos delle ricevute, ma almeno ci siamo evitati sbattimenti molto peggiori nelle ore a seguire. Da questa avventura ho imparato due cose molto importanti: che con una “mancia”, anche misera, si può comprare tutto e che mai e poi mai rigetterò in futuro un pacco per i vicini.
A meno che non debba volare proprio il giorno dopo.
L’arrivo
Sono arrivata ad Alghero pochi giorni fa e la cosa mi ha lasciato abbastanza indifferente da quando ho smesso di piangere. A tutti i curiosi che ci chiedevano come mai avessimo deciso di lasciare Berlino, noi rispondevamo che avevamo deciso di tornare in Sardegna: cioè vuoi mettere? E quelli tutti felici e gai, sempre a commentare nella stessa identica maniera “Ohhhh, Sardegna! Sole e mare tutto l’anno“. C’è un tempo di merda da quando l’aereo ha toccato terra, fate voi.