Un’influencer degli anni ’90

Ho pubblicato la mia prima storia a otto anni. Parlava di due cugine lucciole che abitavano in una dimensione spazio-temporale non meglio specificata, ma ricca di prati e colline. La trama era più o meno questa: una cugina era stronza, l’altra simpatica. Una faceva i dispetti e l’altra li subiva. In un momento di necessità che riguardava l’intero paese, la cugina buona fa notare a quella prepotente che deve darci un taglio con il suo atteggiamento di merda. Lei ci pensa, vaglia le possibilità, accetta la soluzione e si rilassa, abbracciando una nuova filosofia di vita inclusiva e sorridente. 

Anche io ho svolto in più occasioni il ruolo della bulla nei confronti dei familiari nati dopo l’86. In linea di principio li obbligavo a seguire le mie lezioni di italiano e svolgere i compiti che preparavo appositamente per loro. 

Ad agosto

Di pomeriggio. 

In Sardegna. 

Già solo per questo avrebbero potuto organizzare delle rappresaglie, ma a me non importava, perché il mio sogno più grande era quello di diventare un’insegnante. E si sa che il primo sostegno deve sempre arrivare dalla famiglia.

Sono andata avanti con i miei piani didattici finché i cugini non sono cresciuti e mi hanno mandato a quel paese, ma a quell’ora io ero comunque attratta da altro genere di diversivo estivo (meglio se moro e con il motorino) perciò alla fin fine ne siamo usciti tutti illesi. 

Come mai io abbia deciso di scrivere un racconto con protagonista una cugina prevaricatrice non lo so: era forse un modo di cercare redenzione? Di chiedere perdono? Di dimostrare che anche io, esclusa la deriva fascista, fossi in fondo dotata di buoni sentimenti? 

Prevaricazioni

Da bambina le parole mi scivolavano meglio sulla carta che sulla lingua. Non che avessi problemi a livello logopedico; semplicemente, mi veniva più facile così. Forse devo ringraziare mia sorella, per questo. È lei che mi ha insegnato a scrivere mentre ero ancora all’asilo. Credo sia la prassi quando si hanno fratelli maggiori: ti odiano perché loro sono costretti a fare i compiti a casa e imparare le poesie a memoria, mentre il tuo impegno più gravoso consiste nell’usare il punteruolo (attività che comunque ha un che di autolesionista e spero sia passata a miglior vita). A quanto pare, nessuna vendetta è più soddisfacente dell’introdurre i secondogeniti al sistema scolastico prima del tempo. Almeno, questo è quello che è successo a noi: fisicamente ho sempre avuto un vantaggio su di lei e, considerato che raramente usciva vincitrice da uno scontro, ha fatto bene i suoi conti dirottando il sopruso sul piano intellettuale. 

Un’ampia produzione letteraria

Questa sua scelta educativa ha creato un certo malumore tra le mie maestre delle elementari, convinte che avrei disturbato le lezioni perché sapevo già scrivere due parole in croce. In realtà ho sempre preferito cazzeggiare durante le ore di matematica e scienze, dai 6 fino ai 18 anni (ma apprezzo la fiducia). Con il tempo l’hanno capito anche loro che la mia era proprio un’urgenza, quella di mettere nero su bianco le storie fantastiche prigioniere della mia mente. Così, ogni volta che sfornavo un libretto (ai tempi ero anche grafica, casa editrice e tipografia) lo portavo fiera in classe e le maestre erano contentissime di vedere quanto in realtà fossi una nerd delle lettere. 

Svolta e declino professionale

Immaginate la gioia quando il maestro di spagnolo mi propose di pubblicare il mio racconto su una rivista catalana dell’epoca. Stavo incasellando una tessera di un mosaico più grande senza saperlo. Ma in quel momento avevo ben altro a cui pensare, tipo: come gestire la fama? Come rapportarmi con i piccoli fan spagnoli?  

Preoccupazioni morte sul nascere, visto che, alla notizia del mio debutto nell’editoria, altri compagni di classe cominciarono a presentarsi a scuola racconto-muniti, dando vita a una vera e propria gara alla storia più bella. 

Una delle lezioni più crude della mia vita l’ho imparata allora, quando per la prima volta ho dovuto fare i conti con le regole del libero mercato e l’arrivo della concorrenza. Per difendere la leadership, ormai unica priorità, intensificai la produzione letteraria, divorando contemporaneamente quantitativi abnormi di libri per essere sempre aggiornata sui trend del momento. 

Precursori dell’influencer marketing

Nonostante gli sforzi e l’impegno, le lucciole furono costrette a spartire lo spazio sulla rivista con altri tre racconti e ci dovemmo tutti accontentare di una versione striminzita delle rispettive opere letterarie arrangiata dal maestro. Il mio momento di gloria si ridimensionò di molto, e anche molto velocemente, specie perché quella sintesi mi rappresentava ben poco. 

Non mi persi comunque d’animo e continuai a scrivere per tutti gli anni a venire, senza sosta. Non avevo sfondato nell’editoria, d’accordo, ma inconsapevolmente avevo gettato le basi di quello che sarebbe poi diventato l’influencer marketing, solo che all’epoca ci si definiva copioni e nessuno ci ha mai guadagnato mezza lira.