L’INSOSTENIBILE DIFFERENZA TRA PANCETTA E PANCIONE
Conosco una ragazza bellissima, bella a 360 gradi, bella sia in versione analogica che in versione digitale, una bellezza con il timbro di fabbrica del Mediterraneo, che non lascia indifferenti. Occhioni scuri che incantano già solo nell’atto di aprirsi e chiudersi, un sorriso spontaneo e contagioso, una voce squillante e decisa, che ti fa venire voglia di attaccare bottone anche solo per snocciolare i temi più in voga tra i luoghi comuni: il freddo di merda, il vento di merda, la pioggia di merda e via discorrendo.
Che poi, non è solo bella nel senso più scontato previsto dalla semantica, e cioè da un punto di vista puramente estetico (che quello è soggettivo, mica si può stabilire a priori): è piuttosto un concentrato di aggettivi gentili, capaci di creare pace, positive vibes, good mood of the day, una parola buona per tutti e altre cose fighissime che solo le belle persone sono in grado di produrre.
Mentre un giorno si parla del più e del meno, cioè degli agenti atmosferici di cui sopra, salta fuori non si sa come il tema pancetta, altamente dibattuto nella contemporaneità nonostante il progresso scientifico ormai post medievale e una crisi economica e sociale che, in confronto, il Crollo di Wall Street, faceva quasi tenerezza. Mi dice con minuziosa precisione di cronaca il fatto che, in più occasioni, la sua pancetta sia stata scambiata per un pancione, che santiddio, va bene un dubbio, ma una gravidanza evidente è un’altra cosa.
Situazioni fastidiose che le fanno continuamente mettere in discussione il suo essere e che, diciamocelo, a nessuno piacerebbe vivere. E così, per solidarietà femminile, le racconto di quante volte sia successo anche a me: di quella volta in spiaggia o di quell’altra, mentre passeggiavo al centro storico. Scene ambientate in contesti differenti ma accomunate da un unico grande senso di beati “cazzi miei“, che avrei continuato volentieri a farmi se, improvvisamente, non fosse comparso qualche angelo custode del malaugurio a rivendicare un arrotondamento sospetto.
E va bene la parentela con l’Altissimo; ma non è che uno deve sempre necessariamente giustificarsi con il primo stronzo che incontra per strada, e per cosa poi? Per un filo di pancetta. Per alcuni potrebbe significare portare alla luce costipazioni intestinali o l’eterna lotta con quel maledetto lattosio, che tu ci provi a evitarlo, ma a volte il richiamo è talmente forte che sei costretto a cedere, trascinandoti dietro scie di cagotti galattici e successivi gonfiori altrettanto degni di nota.
“A quando il lieto evento?“.
“Vorrei saperlo anche io. È da tre giorni che cerco di cagare senza successo“.
Sarebbe quantomeno imbarazzante. Ma forse un po’ di sano imbarazzo è quello che ci vorrebbe per ricollocare al proprio posto tutti coloro che scambiano un filo di pancetta per un pancione.
O quelli a cui serve sapere quando ti laurei. Quando ti sposi. Quando sgravi. Quando ti compri casa. Peccato che l’onniscienza sia prerogativa di Domineddio. Se la possedessi, mi interrogherei piuttosto sulle tempistiche di estinzione di fasci e altri mammiferi roditori emersi dai pozzi neri delle nostre città. Ma d’altronde, ciascuno ha le sue priorità.