Vivere all’estero: gioie e dolori

La dura vita dell’emigrato comincia al mattino, mentre fa colazione accanto alla finestra e si lascia coccolare dal tiepido grigiore che trapassa dalle tendine. Gira distrattamente il latte macchiato e volge lo sguardo intorno, in cerca d’amore, ma trova solo l’ultimo pacco di caffè rimasto sullo scaffale, quello che sua madre aveva comprato in offerta al supermercato sotto casa e lui aveva trasportato con ingordigia nel bagaglio da stiva insieme a olio, formaggi e leccornie varie. E bestemmia l’emigrato, bestemmia concitato, perché sa che il Lavazza Qualità Rossa in Germania costa un occhio della testa. E no, non ha intenzione di comprarsi quello demmerda del discount per risparmiare, perché va bene tutto, ma al caffè buono non rinuncia.
La dura vita dell’emigrato prosegue poi con l’accensione del cellulare. La sua genitrice è in piedi da ore, a differenza del figlio lontano, ed è ormai avvezza all’uso spropositato di smartphone e altre tecnologie. Essa invia puntuale ogni mattina una simpatica vignetta ricevuta dalle amiche in cui si augura il buongiorno, si decantano inni alla frustrazione, o ancora massime sul fatto che sia lunedì e non bisogna preoccuparsi dell’istinto omicida provato, perché è tutto normale. Va tutto bene. Lui ci prova a spiegare alla madre che tutti questi video animati e fotografie non se li incula di striscio e appesantiscono la memoria del telefono, ma dopo qualche giorno di silenzio forzato, lei torna alla carica più indemoniata di prima, perché quella barzelletta faceva troppo ridere, e alla fine di quel lungo messaggio c’era scritto di mandarlo a tutte le persone speciali della rubrica, che facevo non te lo mandavo? Mi manchi cuore della mamma.
La dura vita dell’emigrato torna alla ribalta ogni volta che mette piede su Facebook, Instagram, o un qualsiasi altro mezzo dove sia ancora legale pubblicare immagini e fotografie. Non lo ammetterà mai, ma il vero emigrato, quello che sta fuori per lavoro e non per la vacanzuola finanziata dalla famiglia, vi odia, vi odia tutti. Voi e quelle stramaledette foto di cieli azzurri e mari brillanti! Avete rotto le palle! Possibile che in Italia non piova mai? #estatetuttolanno #dicembre22gradi #gennaioalmare #febbraioinmagliettina, e ce lo vogliamo mettere anche mezzo chilo di #stograncazzo? L’emigrato torna a casa la sera distrutto dalle avversità della sua vita all’estero, e legge con invidia nera, fastidio e sdegno i vostri post delle 10:00, delle 11:00, di mezzogiorno e anche delle tre, e si chiede se sia stato l’unico pirla a lavorare quel giorno.
Ma veniamo alle cose belle.
La riscoperta delle stagioni: da quando si è trasferito al nord, l’emigrato ha acquisito una maggiore consapevolezza di come va il mondo. C’è l’inverno infame, poi sboccia la primavera, arriva il caldo estivo, e infine il fresco autunnale. Tutto ha di nuovo un senso, le mezze stagioni qui non si sono estinte! Grazie a questa incredibile novità, l’emigrato ha imparato a godere dei 10 gradi di massima, roba che sua madre starebbe barricata in casa a battere i denti dal freddo e lamentarsi. Ma lui no, lui gira in canotta con orgoglio e se ne fotte della carnagione da morto perché gli altri sono più bianchi di lui. Ora può addirittura capire i turisti stranieri che fanno il bagno nel mare di marzo, e non li deride più, perché sa bene quello che hanno dovuto sopportare nei mesi precedenti. Le calze bianche coi sandali, per quelle no, non riesce ancora a farsene una ragione. È troppo presto.
Libertà a 360 gradi. Solo dopo il suo trasferimento a Berlino, l’emigrato ha colto davvero il significato della parola libertà: libertà di coltivare piantagioni di peli su ogni angolo del corpo, libertà di emettere flatulenze mortali durante l’ora di Pilates, libertà di insultare i pedoni che invadono le piste ciclabili, libertà di lasciar toccare e spostare e manomettere qualsiasi cosa faccia piacere al bambino perché deve poter esprimere la propria personalità. In pratica ognuno qui fa un po’ il cazzo che vuole, e l’emigrato cerca di trarre il massimo beneficio da tutto ciò, non senza dei leggeri fastidi di tanto in tanto. Si sconvolge della naturalezza con cui si propaga il delicato odore di merda mentre fa gli addominali in palestra, ma la cosa che lo sconvolge maggiormente è il fatto di non poter contare su sguardi complici intorno, nemmeno per farsi una risatina tra un conato e l’altro, tanto che arriva a chiedersi se sia lui quello sbagliato. Nel dubbio, meglio respirare con la bocca.