La pandemia ha fatto anche cose buone
Va bene. Siamo tutti concordi nell’affermare che, anche basta. Basta restrizioni, fisiche e psicologiche. Basta regioni colorate ad minchiam con tonalità di uno spettro cromatico mutilato. Basta rinunce a serate culturali, concerti e presentazioni di libri. Basta a non poter bere il caffè col culo poggiato sulla sedia di un bar. Basta camminare per strada con la paranoia che manco un latitante.
Tutto questo deve finire.
Eppure, come tutte le pagine più tragiche della storia, anche in questo caso non è che sia andato proprio tutto tutto male. Dobbiamo smetterla di demonizzare gli eventi della vita a prescindere, mettendo in risalto solo gli aspetti negativi e censurando quelli positivi. La pandemia ha fatto anche cose buone, e non si può negare.
Imprecazione libera sotto la mascherina
Vi rendete conto che quando gireremo senza, non potremo più sfanculare nessuno nemmeno con il labiale? Quel bellissimo, catartico, necessario godimento derivato dall’insulto pubblico senza ripercussioni. Quel fluire di versi poetici dedicati a chi ci ha superato alla cassa del supermercato con nonchalance, a quelli che al bancomat devono per forza controllare il resoconto a partire dalle paghette adolescenziali, agli autisti che ti ignorano mentre attendi di attraversare sulle strisce proprio il giorno in cui hai depredato i negozi del circondario e non sei più tu a portare le buste, ma loro a portare te.
Una scusa plausibile per andare a letto presto
È solo grazie al coprifuoco che abbiamo potuto fare gli splendidi a casa dei due amici in croce che abbiamo frequentato in tutti questi mesi. Cioè io resterei qui ancora sei/sette ore, ma quei maledetti al governo ci tolgono la libertà (sbadiglio), ci controllano le vite, ci inietteranno un microchip con la scusa del vaccino (sbadiglio). Non faccio più l’alba dall’ultimo cagotto in notturna, che tristezza (sbadiglio). Ora, scusate, ma sono proprio costretta ad andare a casa. E cosa mi resta da fare se non andare a letto a deprimermi?
Pulizie trimestrali
Da quando viviamo soli (leggasi altrimenti: da quando abbiamo destituito dallo schiavismo le nostre madri) l’arrivo del weekend costituisce il momento dell’assunzione di grandi responsabilità. Non basta una settimana di lavoro a scandire le nostre vite, ci si mettono pure le pulizie. A casa mia non è raro incontrare rilievi montuosi di biancheria da piegare su cui ormai si può fare trekking; batuffoli morbidi di polvere e capelli che si muovono ad ogni tuo passo, come animaletti da compagnia; piatti impilati nel lavello dal ’15 ’18 che ti hanno visto crescere e maturare…
Non è mica colpa nostra. È tutto merito della pandemia e del fatto che la vita sociale si è ridotta a un cazzo di niente, che è saltato l’appuntamento del sabato con aspirapolvere e straccio per lavare a terra. Perché, se tanto non avremo ospiti, che senso ha pulire?
“G. a te frega qualcosa se questa settimana ce ne sbattiamo della casa?”.
“Scelgo un film su Netflix”.
Musica per le mie orecchie.
Rinuncia allo sport per cause di forza maggiore.
Per la prima volta nella vita, il non andare in palestra non dipende da una personale presa di posizione. E sì che ci abbiamo provato tutti a seguire dirette su Zoom, scaricare le App più quotate, ridicolizzarci in salotto, in corridoio, in camera da letto e nei parchi, provando ogni genere di disciplina. Ma niente brucia più calorie del versamento della rata dell’abbonamento, non c’è niente da fare.
Fine dei contatti fisici non richiesti
In molti hanno sofferto per l’impossibilità di potersi toccare. Un dramma immane non poter stringere mani inondate di sudore in piena estate. O farsi cingere le spalle da un braccio con annessa ascella pezzata. O parlare a distanza ravvicinata da chi ha registrato la residenza del reflusso gastroesofageo in bocca. O farsi tappezzare la pelle di lividi dalle persone che non riescono a esprimere un concetto senza il tocco delle dita, come se così il messaggio potesse essere trasmesso con più efficacia. Sì, una faccenda irrinunciabile, quella degli abbracci.
L’odore di disinfettante che prevale sul piscio
Alcuni locali pubblici, grazie alla pandemia, hanno riscoperto il fascino del detersivo come agente pulente dei cessi e non mero elemento decorativo, rimpiazzando il profumo di urina con un più strong odore di alcol. Mancherà a tutti quell’inconfondibile aroma di infezione batterica mista ad ammoniaca, tratto olfattivo indistinguibile di tante pazze serate e che nessuno, nemmeno un dispenser di sapone, potrà portarci via. Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi due anni, è che è talmente facile beccarsi un accidente, che quasi fa peccato rovinarsi la reputazione per colpa di una qualsiasi toilette posizionata in fondo a destra.